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giovedì 4 aprile 2013

Date storiche


Nella storia legislativa dei cosmetici le date importanti sono state tante: nell’86 l’entrata in vigore della prima legge, nel ’96 l’obbligo dell’etichettatura INCI e del Dossier tossicologico, nel 2005 il divieto dei test sugli animali per il prodotto finito e nel 2013 ancora molte novità.

Quest’anno viene completato il recepimento del nuovo regolamento 1223/09, su cui ci sarà molto da scrivere e lo faremo.

Ma in una data più vicina, l’11 marzo scorso, è stato finalmente messo al bando qualunque test su animali per qualsiasi parametro tossicologico per le materie prime, su tutto il territorio della Comunità Europea.

Finalmente, dopo 1000 rinvii, questo importante passo è stato compiuto.


In effetti si tratta di un completamento di divieti ai test che è stato introdotto gradualmente in Europa, sostituendo i test su animali con test in vitro.
Alcuni test su cavia però non avevano in alternativa un test in vitro ritenuto altrettanto valido ad esempio cangerogenicità, genotossicità.

Ora neppure questi test possono essere effettuati su cavia.
Si è arrivati al bando totale.

Il quale vale per tutti i nuovi ingredienti circolanti sul territorio europeo, non solo prodotti da aziende europee, ma anche estere che vogliono vendere in Europa.

Cosa vuol dire questo? Vuol dire che le case cosmetiche devono cambiare le fonti dei loro ingredienti per introdurne di non testate?
Certo che no. Il passato è passato. I test si dovevano fare, sono stati fatti e niente può cambiare questo.
Trovare oggi un ingrediente che non sia mai stato sottoposto a nessun test su cavia, neanche uno, è difficilissimo, praticamente impossibile. Infatti la normativa si applica ai nuovi ingredienti.

Il divieto in toto di test si applica dall’11 marzo 2013.
Un ingrediente nuovo, per uso cosmetico, non potrà essere testato su cavia.
Tutto qui. E non è affatto poco.

Questo coinvolge anche i Paesi Extra Europei, come già era successo dal 2005 per i prodotti finiti, dove la sperimentazione su animali è ancora consentita. In molti Paesi Extra Europei la sperimentazione è consentita ancora per il prodotto finito e anche per gli ingredienti.

Attenzione, consentita non significa necessariamente obbligatoria.

Portiamo esempi pratici, per quanto riguarda il prodotto finito.
E’ dal 2005 che in Europa è vietata.
Ma dal 2005 ad oggi le aziende Europee hanno continuato ad esportare prodotti non testati, e l’Europa ad importare prodotti non testati da Paesi che consentono la sperimentazione.

Quindi è da anni che la reciprocità dei comportamenti è in continuo lento (lentissimo) avvicinamento.

Ad esempio, in Svizzera la sperimentazione su animali per i cosmetici è permessa, ma viene sempre meno applicata.
Se una casa svizzera vuole vendere cosmetici in Europa (e se un produttore di cosmetici svizzero pensa di campare vendendo solo in Svizzera…) NON può testare su animali.
Lo stesso vale per una casa con sede in qualunque Paese che consente la sperimentazione.
Il prodotto destinato al mercato Europeo non può essere stato testato su animali, né il prodotto finito, né i suoi ingredienti di nuova produzione.

In molti Paesi è richiesta una registrazione del prodotto per poterlo importare.
E’ una pratica molto frequente nei Paesi del Sud Est asiatico, dove, nell’immaginario collettivo, si ritiene che vivano persone meno sensibili a certe tematiche e governate da governi altrettanto meno sensibili.
Solitamente la registrazione è una pratica ostica e farraginosa, e le PiccoleChimiche hanno assistito alcuni loro clienti per le registrazioni in diversi Paesi, e talune realtà le conoscono.

Per registrare il prodotto viene richiesta una montagna di carta, con molte informazioni analoghe a quelle contenute nel dossier (adesso si chiama PIF) e alcuni campioni di prodotto.
Nessuno Stato, fra quelli noti alle PiccoleChimiche, ha mai richiesto i risultati dei test su animali, neanche quando era consentito farli anche in Europa.
Nessuno Stato ha imposto loro di fare test su animali.
Mai.
Né Taiwan, né Singapore, né il Giappone, né la Korea, né il Kuwait, né l’Indonesia hanno mai chiesto risultati da sperimentazione animali né tantomeno imposto i test per far entrare un cosmetico nel loro Paese.
Negli USA la sperimentazione è consentita, ma il cosmetico non è sottoposto a registrazione da parte dell’FDA, è di libera vendita come un libro o una maglietta (tranne alcune categorie come gli antimacchia o i solari). Ergo, per vendere negli USA un cosmetico non si deve fare niente altro che trovare… il cliente.

Quindi, il fatto che un’azienda europea commercializzi anche fuori dall’Europa, non significa necessariamente che abbia testato o fatto testare o sia stata obbligata a testare lo stesso prodotto che in Europa è dichiarato Cruelty free e invece altrove sia stato causa di sofferenza per un topo.

Vale anche l’opposto: le aziende con sede in Paesi che permettono la sperimentazione, testano tutte tutti i prodotti su animali? Forse sì, forse no.
Ma se vogliono vendere in Europa non lo fanno.

Che piaccia o no, crisi o non crisi, l’Europa resta il maggior mercato mondiale per il cosmetico ed è indubbio che avendo proibito in toto la sperimentazione animale, l’Europa abbia mandato un segnale forte, al quale tutti i produttori, ovunque essi siano, si dovranno adeguare.
L’hanno dovuto fare con il prodotto finito, adesso dovranno farlo anche con i nuovi ingredienti.

Ora con il divieto di sperimentazione sugli ingredienti, la faccenda si fa ancor più penalizzante per i produttori ExtraEuropei di ingredienti.

Innanzitutto le case Europee tenderanno ad acquistare sempre di più da fornitori Europei perché hanno la certezza che i nuovi ingredienti non sono stati testati su animali.
Il che, con l’economia europea così traballante, non può essere che un bene.

Inoltre, i produttori di materie prime extraeuropei che ricevono una richiesta di una nuova materia prima da una casa europea, dovranno presentare ai fini del dossier (PIF) la scheda tossicologica dell’ingrediente con i risultati da test alternativi ai test su animali.

Quindi dovranno chiudere i loro stabulari e sostituirli con le colture in vitro.
Se non altro per questioni economiche: la sperimentazione animale è una pratica costosissima, mantenere gli animali è proibitivo e i costi dei test notevoli. E tutto per avere un test di Draize per il produttore di cosmetici russo o filippino perchè il produttore francese e il tedesco o l’italiano non lo accetteranno mai.

Dove non arriva l’etica, arriva il mercato.

Bisogna però cercare di evitare di fare di tutta un’erba un fascio.
Qui stiamo parlando di cosmetici, e di materie prime per cosmetici, unico campo di competenza delle PiccoleChimiche. E purtroppo la sperimentazione che coinvolge gli ingredienti per il solo settore cosmetico, e che quindi è stata proibita, è abbastanza marginale.
Ma è pur sempre un punto di partenza.





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