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domenica 24 maggio 2015

Filtri d'amore



Come ogni primavera, ecco il dibattito sui prodotti solari: qual'è il migliore?
Meglio i filtri chimici o i filtri fisici?

Non c'è risposta unica, certa e valida per tutti.

Va premesso che la miglior protezione solare è.... non esporsi al sole.
O meglio, non esporsi al sole diretto, soprattutto nelle ore più calde della giornata (che corrispondono alle ore di maggior irraggiamento solare): meglio ripararsi all'ombra, usare cappello e maglietta.
Questo vale soprattutto per i bambini.

Infatti, lessicalmente, per filtro solare si intende tutto ciò che protegge la pelle dalle radiazioni solari, inclusi quindi i tessuti, anche se poi il termine è usato per indicare principalmente i cosmetici protettivi e il loro contenuto atto allo scopo

Se però, legittimamente, ci si vuole abbronzare o fare attività all'aria aperta cercando di limitare i danni provocati dai raggi solari, l'uso di un cosmetico protettivo è d'obbligo.
E quindi sceglierne uno che più si confà alle proprie abitudini, di vita e di pensiero, e tipo di pelle: tenete presente il vostro fototipo.

Le radiazioni solari sono di diverso tipo e vengono suddivisi in funzione della loro lunghezza d'onda: quelli che ci interessano sono gli Ultra Violetti di tipo A e B (UVA e UVB).

Gli UVB sono quelli che abbronzano, sono quelli che, colpendo la superficie cutanea, innescano il meccanismo della produzione di melanina: abbiamo spiegato il processo dell'abbronzatura in questo post sulle macchie cutanee.

Invece gli UVA sono più pericolosi perchè arrivano in profondità, non abbronzano, e sono ritenuti responsabili dell'insorgenza di patologie cutanee.

Tant'è vero che la Commissione Europea raccomanda (non obbliga, raccomanda) che un prodotto solare contenga un filtro anti-UVA per almeno un terzo del valore della protezione.

L'indicazione della protezione solare, secondo le indicazioni della Commissione Europea, non è più rappresentata daun numero (quello che una volta si definiva SPF, Solar Protection Factor) ma da un range: Bassa, Media, Alta, Altissima.
"Totale protezione" è un termine innammissibile perchè niente e nessuno può garantire una protezione solare totale.

L'indicazione del range anzichè del numero, è secondo noi, buona cosa: per una volta siamo d'accordo con la Commissione Europea.

Il motivo è semplice: per determinare un fattore di protezione si effettuano dei test secondo determinati protocolli che prevedono sia test in vivo che in vitro.
Questi protocolli prevedono l'uso di un certo quantitativo per cm2 di pelle, più precisamente una quantità di prodotto che contenga 2 mg di filtro per cm2.
Il risultato è la MED, cioà la Minumum Erithematose Dosis, che è la quantità di energia solare necessaria perchè si manifesti un eritema su pelle con prodotto solare, misurata rispetto a quella necessaria perchè l'eritema si sviluppi su pelle non protetta.
Se la MED è 15 volte tanto, l'SPF è 15.

Però è abbastanza inverosimile che in ogni istante dell'esposizione al sole ogni cm2 di pelle sia protetto da 2mg di filtro: ecco perchè, secondo noi, il range è più realistico rispetto a quelle che sono poi le vere condizioni di utilizzo.
Dare un range significa dire che prima che si manifesti l'insorgenza di un eritema c'è bisogno di ricevere fra tot e tot quantità di energia solare: è evidente che se io uso lo stesso solare alle 9 del mattino o alle 14, devo regolarmi di conseguenza, aumentando la frequenza di applicazione.
Ma se in etichetta si indica 15, io mi aspetto che, a prescindere dal luogo e dall'ora, io posso stare al sole per 15 volte tanto il tempo in cui penso che mi verrebbe l'eritema.
Bisogna sempre pensare all'uso che poi effettivamente si fa di un cosmetico, non solo alle belle teorie.

Abbiamo dunque visto che il fattore di protezione è determinato dalla presenza di filtri solari.
Bisogna però considerare anche che esistono sostanze (oli, burri, il noto gamma orizanolo, e altri) che pur non essendo classificati come filtri solari, hanno però un'azione protettiva e il buon cosmetologo deve tenerne conto.
E' vero che il test viene effettuato utilizzando i 2mg/cm2 di filtro (classificato come tale), ma siccome quello che poi viene spalmato sulla pelle è un prodotto finito e complesso, è bene che siano presenti anche altre sostanze contribuiscano a raggiungere il risultato. Al di là del mero SPF da filtro.

I filtri sono elencati nell'allegato VI del regolamento 1223/09, e vengono definiti come “sostanze destinate esclusivamente o prevalentemente a proteggere la pelle da determinate radiazioni UV attraverso l'assorbimento, la riflessione o la diffusione delle radiazioni UV” (articolo 2). Le molecole autorizzate come filtri solari differiscono da paese a paese; attualmente l'Unione Europea ha ammesso l'utilizzo di 28 molecole (allegato VI) utilizzabili come filtri solari nei prodotti cosmetici.

Esistono filtri fisici e filtri chimici.

Lo scopo di entrambi è quello di impedire che i raggi solari arrivino in dosi massicce sulla pelle, che quindi si scotterebbe.

Questo scopo lo raggiungono entrambi i tipi, ma attraverso diversi meccanismi.

-I filtri chimici sono sostanze che reagiscono alla radiazione solare.
Reagire vuol dire diventare un'altra sostanza o comunque modificare la propria struttura.

Più precisamente, i filtri chimici sono sostanze di sintesi con una struttura chimica che consiste solitamente in un anello aromatico e di due gruppi funzionali in grado di agire da donatori o da accettori di elettroni. Assorbono selettivamente i raggi UV a corta lunghezza d'onda e li trasformano in radiazioni a lunghezza d'onda maggiore e meno energetiche. L'energia assorbita da parte del filtro corrisponde all'energia richiesta per causarne l'eccitazione fotochimica ad uno stato di energia più alto rispetto a quello nel quale si trova; ritornando allo stato energetico iniziale, emette radiazioni di una lunghezza d'onda maggiore, non dannose per la pelle.

Possono essere incorporati in gel, lozioni, acque, oltre che naturalmente in emulsioni e creme.
I prodotti che li contengono possono quindi essere facili e veloci da spalmare.

Per alcuni, l'aspetto negativo dei filtri chimici sta nel fatto che, innanzitutto sono prodotti di sintesi, e poi che siano inquinanti. Alcuni filtri sono stati ritenuti, a certe percentuali, possibili (non è ancora cosi certo che lo siano sempre, a qualunque condizione d'uso) disturbatori endocrini: il legislatore ne ha tenuto conto e ha fissato le percentuali d'uso ad una soglia inferiore.

-I filtri fisici, invece, agiscono per capacità riflettente, cioè riflettono verso l'esterno le radiazioni, facendo sì che solo poche di queste raggiungano la pelle.
I filtri fisici più utilizzati sono il biossido di titanio, e l'ossido di zinco, ma anche il caolino, l'ossido di ferro e magnesio hanno buone proprietà riflettenti e quindi protettive.

Il biossido di titanio è l'unico riportato nell'allegato VI e quindi l'unico che può fregiarsi de titolo di filtro solare, tutti gli altri, pur essendo ampiamente utilizzati nei prodotti solari, non possono essere dichiarati responsabili dell'azione filtrante. Anche se ce l'hanno, come altre sostanze, del resto.

I filtri fisici sono fotostabili, non reagiscono con i filtri organici e  vengono a volte usati in associazione a questi, anche ad elevate concentrazioni, determinando un effetto sinergico che permette di raggiungere valori molto elevati di SPF.

Sono praticamente tutti in polvere, insolubili in acqua, per cui i prodotti che li contengono sono sempre emulsioni o creme spesse, difficili da spalmare e con l'effetto bianco che non tutti sono disposti a subire.

Piacciono a molti perchè non sono di sintesi, perchè ritenuti sicuri e rispettosi dell'ambiente.
Cosa non proprio vera, perchè essendo ossidi insolubili, un impatto ambientale ce l'hanno eccome, dalle acque di lavorazione, a ogni volta che faccio il bagno in mare e ne lascio in bel po' in pasto ai pesci.

Comunque, riguardo alla sicurezza, ma è proprio così?

Sui filtri chimici si sa tanto, tantissimo: si sa che l'uso prolungato ne può causare l'accumulo, come vi abbiamo spiegato in questo post, si sa che impatto hanno sull'ambiente, si sa a che percentuali devono essere usati, si sa quali sono le combinazioni migliori, in poche parole si sa il bene e il male di queste sostanze.

Anche sui filtri fisici si credeva di sapere molto, ma poi è apparso il.... nano a scompigliare le carte.

Non stiamo parlando di un folletto dispettoso, ma la dimensione delle particelle di polvere del filtro fisico.
Infatti, avendo una notevole consistenza solida, i filtri fisici sono totalmente riflettenti e hanno il problema di creare un effetto bianco quando si applica il prodotto sulla pelle.
Ora sono presenti sul mercato preparati di biossido di titanio e ossido di zinco che, riducendo le dimensioni delle particelle all'ordine di grandezza di nanometro (milionesimo di millimetro, un tempo chiamato millimicron, essendo un millesimo di micron), consentono di schermare radiazioni a bassa lunghezza d'onda quali gli UV ma non la luce visibile, evitando così l'effetto bianco.


Le forme nano hanno un'energia elettrostatica abbastanza forte, quindi tendono ad agglomerarsi facilmente: per evitare ciò, cioè che formino agglomerati più grandi, le particelle vengono, spesso, rivestite e pre-disperse e stabilizzate in acqua o in veicolo lipofilo.
Le pre-dispersioni rendono la polvere più facilmente incorporabili nel prodotto (formulare con i filtri fisici un buon prodotto, gradevole e confortevole, non è semplicissimo) e offrono in genere maggior efficacia protettiva. Si ritiene che le dimensioni delle particelle influiscono sul valore di SPF, e quindi è preferibile l'assenza di aggregati macroscopici perchè diminuiscono la superficie di interazione con la luce incidente.
Quindi si tende a mantenere il più possibile la dimensione nano ed impedirne l'agglomerazione in forme più grandi, perchè ritenuta più efficace.

Ma è anche sicura?

Alcuni studi hanno evidenziato che la riduzione a dimensioni nano può determinare un aumento della penetrazione del filtro fisico negli strati più interni dell'epidermide, dove può innescare reazioni di ossidazione portando alla diminuzione di quantità del collagene, fotoinvecchiamento e fotocarcinogenesi, che è ciò che il filtro si prefigge di evitare. Ce ne sono diversi, ne citiamo uno in bibliografia [1]

La forma "nano" non è ritenuta sicura dalla Commissione Europea, tanto è vero che il nuovo regolamento impone che venga dichiarato in etichetta se una sostanza è di tali dimensioni.


Inoltre la notifica sul portale europeo (CPNP) di un prodotto contenente forme nano deve essere fatta 6 mesi prima dell'immissione dul mercato, mentre per gli altri prodotti basta... il giorno prima.

Il motivo della cautela è semplice: a tutt'oggi nessuno sa con certezza se i prodotti contenenti ingredienti in forma nano siano sicuri.
Lo dice la commissione stessa. Che dice anche che ulteriori studi vengono promossi al fine di capire di più, ma che ancora non si sa.

E' scritto a chiare lettere nel preambolo del regolamento stesso:
[copia/incolla dall'introduzione esplicativa del regolamento]

(30) Attualmente vi sono informazioni inadeguate sui rischi  associati ai nanomateriali. Per poterne valutare meglio la  sicurezza, il CSSC dovrebbe fornire linee guida, in coope­razione con gli organi competenti, sulle metodologie per i test che tengano conto delle caratteristiche specifiche dei nanomateriali.
(31) La Commissione dovrebbe rivedere regolarmente le disposizioni sui nanomateriali alla luce dei progressi scientifici.

Ora, quando la Commissione ha dei dubbi su delle sostanze già in uso, provvede a rivalutare tali sostanze e a emettere poi il suo verdetto: continuiamo così, oppure, se i nuovi studi apportano nuove conoscenze, impone cambiamenti.

Non si è mai sentito che la Commissione europea autorizzasse a priori l'uso di una sostanza (in questo caso di una categorie di sostanze con determinate caratteristiche, nello specifico la misura) di cui si sa troppo poco, ma su cui ci sono dubbi.

Perchè?

E perchè aziende che fino all'anno scorso giuravano e spergiuravano che non avrebbero mai usato forme nano dicendo che sapevano che erano pericolose, adesso le usano dicendo che hanno altrettanto granitiche certezze sulla loro sicurezza?

E perchè enti certificatori che fino all'anno scorso non avrebbero mai permesso l'uso di forme nano, adesso lo permettono?

Francamente, noi, di studi che dimostrassero che le forme nano siano sicure, non li abbiamo trovati.
O meglio ne abbiamo trovato solo uno:

"Human safety review of “nano” titanium dioxide and zinc oxide"

Pubblicato da:
Karsten Schilling*, Bobbie Bradford,Dominique Castelli, Eric Dufour,d J. Frank Nash,Wolfgang Pape, Stefan Schulte,Ian Tooley, Jeroen van den Bosch and Florian Schellauf** Received 30th November 2009, Accepted 25th February 2010
First published as an Advance Article on the web 17th March 2010

Schilling è membro dell'IRSC International Regulatory & Scientific Consulting, e Schellauf  del COLIPA, quindi autori certamente autorevoli.
Gli altri sono riportati con referenze in L'Oréal, Beiersdorf, BASF, Unilever, Croda.
Poi ognuno ci veda quel che vuole.

Ma evidentemente non è una pubblicazione sufficiente per la Commissione, anche perchè l'articolo è del 2010, e il regolamento del 2009, ma l'applicazione integrale del 2013.
In caso di prove, la Commissione avrebbe probabilmente apportato modifiche e derogato dall'obbligo di indicazione in etichetta la notifica anticipata di 6 mesi.

Ma non l'ha fatto.

E dunque, tornando al quesito iniziale: qual'è il solare migliore?
Non c'è una risposta certa e valida per tutti.

-Che tutti e due i tipi di filtri (chimici e fisici-nano) facciano esprimere delle perplessità, ve lo abbiamo spiegato.
-Che tutti e due i tipi di filtri funzionino per quella che è la loro azione, è certo, e ve lo abbiamo spiegato.
-Che tutti e due i tipi di filtri abbiamo comunque un impatto ambientale negativo, ve lo abbiamo spiegato.
-Che i solari siano, comunque, prodotti necessari per la salvaguardia della salute della pelle, è fuori di dubbio, e ve lo abbiamo spiegato.

Forse, se si continuasse a trovare sul mercato un solare con filtri fisici non nano, ecco, forse potrebbe essere quello da considerare più adeguato.
Ma non è a impatto ambientale zero.




http://www.lucianocaveri.com/sites/default/files/u4/nano_da_giardino.jpg
 

Bibliografia:
[1] Jianhong Wu, Wei Liu, Chenbing Xue, Shunchang Zhou, Fengli Lan, Lei Bi, Huibi Wu, Xiangliang Yang, Fan-Dian Zeng “Toxicity and penetration of TiO2 nanoparticles in airless mice and porcine skin after subchronic dermal exposure” Toxicology letters 191 (2009) 1-8.
<p style="display: none;"><cite><a href="http://www.my-personaltrainer.it/cosmetici-categorie/filtri-solari.html">Filtri solari ed abbronzatura</a></cite> da http://www.my-personaltrainer.it/cosmetici-categorie/filtri-solari.html</p>








<p style="display: none;"><cite><a href="http://www.my-personaltrainer.it/cosmetici-categorie/filtri-solari.html">Filtri solari ed abbronzatura</a></cite> da http://www.my-personaltrainer.it/cosmetici-categorie/filtri-solari.html</p>







2 commenti:

  1. Complimenti per il post, davvero molto interessante (come sempre del resto). Purtroppo si sta diffondendo un po' il "panico" da nanoparticelle e spesso il consumatore si dimentica che c'è l'obbligo di legge di indicare se le particelle sono NANO nell'inci, quindi evitarle è decisamente possibile!

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    1. E' vero che sull'etichetta è obbligatorio indicarne la presenza, ma quanti consumatori lo sanno? E, soprattutto, quanti consumatori ne "capiscono" il significato?

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