Se la certificazione aziendale non è una passeggiata e non
ha poi questa vera valenza di efficienza e qualità, cerchiamo di capire quali
sono le certificazioni a cui può venire sottoposto un prodotto cosmetico.
Ribadiamo che esiste le legge 713/86 e successive modifiche,
che prende in considerazione tutti ma proprio tutti gli aspetti legati alla
produzione, sicurezza e commercializzazione del prodotto cosmetico, e che
dovrebbe quindi essere, se non altro, garanzia di un prodotto sicuro e
correttamente concepito e realizzato.
Però a volte non basta. O si desidera di più.
Il consumatore ora è molto attento alle problematiche
ambientali, e questo è un ottimo segnale di un cambio di mentalità dopo anni di
sciambola e stupro dell’ambiente. Una nuova (doverosa) coscienza di consumo
richiede una nuova (doverosa) coscienza di produzione.
Per cui si è giustamente alla ricerca di prodotti più
consoni al proprio modo di vivere e pensare.
Attenzione però, che il proprio modo di vivere e pensare è
il proprio modo, non è legge dogmatica da imporre a tutti.
Semplicemente, se un prodotto o un’azienda non risponde al proprio
modo, si cercherà altro.
Non si tempesta di e-mail l’azienda insegnandole cosa deve
fare. L’azienda lo sa, grazie, e se decide di seguire un’altra strada avrà
fatto le sue opportune valutazioni o più semplicemente non condivide il punto
di vista del mittente della mail.
Siccome lo scopo di un’azienda è quello di vendere, è ovvio
che impiegherà le sue risorse al fine di…vendere di più. I fornitori non sono
filosofi, vogliono essere pagati, i dipendenti e i collaboratori non sono
volontari, devono riempire il piatto di minestra e a fine mese devono ricevere
lo stipendio. E questo si può fare se si incassa dalle vendite. Sembra una cosa
ovvia, ma per molti non lo è.
Per vendere, ormai, non basta più fare bene il proprio
prodotto, bisogna “tranquillizzare” il consumatore informandolo che facendo bene il prodotto, facendo bene alla pelle, non si fa male all'ambiente.
A parte la domanda inutile “ma voi testate sugli animali?
perché non lo scrivete sul vasetto?” di cui abbiamo ampiamente illustrato l’insussistenza,
i metodi per “informare” il cliente sotto il profilo della responsabilità dell'azienda nei confronti dell'ambiente sono svariati.
Fra questi ci sono le certificazioni naturale, eco, eco-bio-
bio ecc.
Va premesso che non
esiste, (oggi, domani è un altro giorno) un’armonizzazione europea, tantomeno
mondiale, sulla certificazione di “naturale” di un cosmetico.
Viceversa non mancano enti e marche che si attribuiscono il
merito di applicare uno standard europeo.
Esiste il protocollo Cosmos (Cosmetics
Organic Standard), definito lo standard unico europeo per le certificazioni dei prodotti
cosmetici naturali. Cosmos è il
disciplinare che definisce e regolamenta il cosmetico biologico, condiviso dai
principali certificatori europei (la francese Ecocert, la tedesca Bdih, l’
inglese Soil
Association, la
belga Bioforum e
l’ italiana ICEA.
Esiste poi NaTrue, a cui aderiscono CCPB (Certificazione e
controllo prodotti biologici Italia), BioInspecta (Svizzera), EcoControl (Germania).
Ancora
una volta, benché ce ne fosse stata l’opportunità, non si è riusciti a
ricondurre la certificazione ad un unico protocollo valido davvero per tutta
l’Europa.
Giusto
per non aumentare la confusione.
In realtà, quindi, ciascuno è uno standard che però non è
totalmente europeo, cioè non valido dalla Lapponia a Malta. Tantomeno, al
momento, validato ed uniforme nel resto del mondo.
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