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mercoledì 27 maggio 2015

Filtri d'amore: domande e risposte

Un lettore ci scrive una lunga mail chiedendo precisazioni sui filtri.
Forse le sue domande sono interessanti anche per altri, e rispondiamo quindi pubblicamente


-domanda: "come si può fare una distinzione fra filtri fisici e chimici quando anche il titanio biossido è una molecola chimica?"

Giusto.
E' solo questione di attribuzione lessicale di significato.

La suddivisione attuale in fisici e chimici è ricondotta al tipo di meccanismo nell'azione di protezione solare:
quelli chimici subiscono una reazione chimica, quelli fisici agiscono secondo il principio fisico della rifrazione.

Pero è vero: essendo tutto ciò che esiste formato da molecole chimiche, dall'acqua al pane, ad una rosa a una biro, è scientificamente scorretto far credere che i filtri fisici non siano chimici.

I filtri fisici sono composti chimici. Per la precisione composti chimici inorganici.

Si potrebbe fare una distinzione fra filtri organici e inorganici.
Però ormai con il termine "organico" non si intende più solo ciò che chimicamente è organico (cioè con il carbonio a 4 legami, per farla breve), ma si intende qualcosa di ecologicamente corretto, confusi soprattutto dal fatto che in inglese un cosmetico con componenti bio viene appunto tradotto con organic.

Come se ci si fosse dimenticati che un parabene è una molecola organica, un silicone pure, e anche l'acetone.

Quindi ciò che è chimicamente organico, potrebbe non essere organic perchè potrebbe non essere bio.

Perciò, dividere i filtri nelle due categorie chimiche di appartenenza per struttura, filtri inorganici e filtri organici, che sarebbe la definizione più corretta, non si può perchè poi verrebbe ritenuto fuorviante dalla nuova accezione del significato di organic.

Certo che se gli americani avessero evitato di tradurre in organic ciò che è bio, ci avrebbero fatto un favore.

Siccome i filtri fisici, pardon, inorganici, sono per la maggior parte minerali metallici, e i filtri chimici organici sono a struttura aromatica, si potrebbero definire i primi filtri metallici o minerali e i secondi filtri aromatici.
Ma ormai...


-domanda: "ma il biossido di titanio è davvero bio e ecocompatibile?"

No.
Non lo è.
Non lo è se nell'immaginario collettivo, in mancanza di una legge che ne regolamenti l'uso di definizione, per bio si intende compatibile con la vita, sia essa umana che ambientale.

E allora il biossido di titanio, l'ossido di zinco eccetera non sono affatto bio.

Innanzitutto in natura il TiO2 si trova pieno di impurezze, e quindi viene sottoposto a processi di purificazione fra i quali il processo al cloro, il processo al solfato (con acido solforico), e il processo su polvere con carbonato di potassio e acido fluoridrico.
Tutte cosine da nulla.

L'ossido di zinco invece, oltre che per estrazione dalla sfalerite con grandi quantità di impurezze di piombo, viene prodotto per reazione fra zinco e ossigeno ad altissime temperature: non si utilizzano strane sostanza ma solo temperature molto alte con conseguente alto consumo energetico.

Quindi, se per la valutazione dell'impatto ambientale di una sostanza tengo conto anche del processo di lavorazione...

Inoltre gli ossidi metallici non sono solubili in acqua, non sono biodegradabili da enzimi o da batteri.
Come nascono, così restano.
Come la ruggine, che è l'ossido di ferro.

-domanda: "ma fra i filtri chimici, qualcuno si trova in natura?"

No, sono solo "ispirati" a qualcosa di esistente in natura.
Molti hanno molecole simili ad analoghi naturali, poi modificate per reazione.
Non è un caso che nel nome chimico di un filtro chimico (meglio aromatico) ci sia spesso un richiamo ad una pianta: cinnamato viene da cinnamomo, la cannella, ad esempio.
Questo non vuol dire le molecole di filtro si trovino tal quali in natura, non sono estratti da una pianta, purtroppo.
Ma sono quelle che vengono chiamate "chemical occurring" cioè sostanze sintetizzate in laboratorio ma che potrebbero trovarsi in natura.
Potrebbero trovarsi.
Risposta deludente, lo sappiamo, ma è così.

-domanda: "in teoria potrebbe esistere un prodotto che protegge dai raggi solari senza i filtri solari, fisici o chimici, riportati nella tabella della legge?"

Si.
Come abbiamo spiegato nel precedente post, molte sostanza hanno un potere schermante, anche se alla sostanza non è riconosciuto per legge la capacità protettiva e filtrante.

Sono diversi gli ingredienti che vengono inseriti in un cosmetico per una loro azione primaria, ma che, se ne hanno una secondaria, ovviamente anche questa si esplica.
Solo che viene "certificata" solo l'azione primaria.

Il Gamma orizanolo, l'acido caffeico, diversi olii e burri hanno un'azione filtrante, nessuno di essi però è riconosciuto come filtro.
Forse non si raggiungerebbe un fattore di protezione molto elevato, ma di sicuro sarebbe il solare più bio possibile.
Però non potrebbe chiamarsi crema solare, perchè secondo la legge possono essere definiti così solo i prodotti che contengono i filtri codificati come tali.

Però non è raro trovare solari dalla formula sempre più complessa: lo scopo è quello di inserire ingredienti con azione schermante pur non riconosciuta, al fine di ridurre la presenza dei filtri (quali che siano, fisici o chimici o come li vogliamo chiamare), raggiungendo un livello di protezione adeguato.

-domanda: un solare waterproof è un prodotto consigliabile?

Sì e no.
Innanzitutto spieghiamo che un solare waterproof è un'emulsione inversa, cioè è una fase acquosa (poca)  in fase oleosa (tanta).
Un'emulsione è solubile in sostanze dello stesso tipo di cui è formata la fase presente in maggior quantità. L'emulsione "acqua in olio" significa che è solubile in sostanze lipofile e poco solubile in acqua, da qui la sua (presunta) resistenza all'acqua.

Perchè presunta?
Primo, perchè non è completamente insolubile in acqua, un po' lo è.
Secondo, perchè un conto è l'acqua distillata e un conto è l'acqua di mare, che è una soluzione salina.

Chi usa il prodotto waterproof  spesso sbaglia nel corretto utilizzo: di norma si pensa che se ci si applica un solare resistente all'acqua, mettendolo al mattino si è protetti fino a sera.
Non è così.
Oltre a fare il bagno in mare, mi asciugo, mi stendo su un telo, mi crogiolo nella sabbia, insomma ho comportamenti che tendono a eliminare per sfregamento il prodotto dalla pelle.

Tanto è vero che anche sui prodotti waterproof si deve scrivere che il prodotto va riapplicato più volte al giorno, come per i prodotti non waterproof. Non è una muta da sub.

Quindi la risposta è NO se mi illudo di mettermi il prodotto al mattino ed essere a posto fino a sera, e lascio il flacone a casa.

La risposta è SI se lo applico ad un bambino su cui io adulto mi sincero di applicarlo più volte.
Il waterproof è indicato per i bambini fondamentalmente perchè quando si mettono a giocare non c'è verso di distrarli e poi perchè quando si cerca di applicar loro un prodotto fuggono come lepri o si dimenano come anguille. Ridurre il numero di lotte quotidiane con la tranquillità della protezione rende le vacanza meno stressanti (ai genitori).

Inoltre la risposta è SI se si fa sport: è vero che sudando anche il waterproof se ne va, ma interrompere ogni dieci minuti una partita di tennis per mettersi la crema può essere fastidioso, senza contare la crema che finisce sull'impugnatura della racchetta.
Quindi, il waterproof è utile per poter svolgere il proprio sport senza pensar troppo alla riapplicazione del prodotto.

L'uso del  waterproof è una buona soluzione pratica per alcune situazioni, ma deve comunque essere accompagnato dalla cura della riapplicazione. Quasi come se fosse un solare normale.


-domanda: potrei autoprodurmi un solare in casa?

E qui non rispondiamo. Meglio.






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